14 Gennaio 2017, ore 13:39
Luglio 2016, Milano, Esposizione internazionale
Una massa enorme di persone se ne sta in coda all’ingresso Ovest di Expo. Escono dalla metropolitana e si accalcano nel piazzale davanti ai gate. Pprima di arrivare al sito espositivo, i visitatori devono passare su un lungo ponte sospeso. Una marea umana lo attraversa con calma, in un flusso continuo. All’improvviso una donna si stacca dalla massa e si avvicina a un militare in divisa. I due parlottano, il soldato deve chinarsi per riuscire a sentire quello che la donna gli sta dicendo perché è molto più bassa di lui. Dopo un po’, la donna allarga le braccia. Il militare sembra in imbarazzo, colto alla sprovvista da quel gesto. Poi si lascia andare e accoglie il corpo minuto della donna in un abbraccio. Restano così per qualche tempo. Quando si lasciano, entrambi si asciugano le lacrime. La donna si riunisce alla fiumana dei visitatori, il militare riprende il suo contegno.
Settembre 1973, Valparaíso, Cile
Una studentessa attraversa il cortile dell’università. La calma è rotta dagli spari dei cecchini appostati sui tetti. La ragazza stramazza al suolo. Un proiettile le ha perforato la mascella, altri tre l’hanno colpita alla schiena. I compagni accorrono, nonostante gli spari continuino, per soccorrere gli studenti feriti. La ragazza viene portata via prima della retata seguente, e condotta in un luogo sicuro da alcuni sconosciuti. Incredibilmente riesce a salvarsi grazie alle cure di un medico compiacente. I feriti portati via dall’esercito nella retata non hanno mai fatto più ritorno alle loro case. Altri sono morti perché hanno evitato gli ospedali, controllati dai golpisti.
Gennaio 2017, Milano, Viale Tibaldi
“Qualche giorno prima c’era stato il golpe, era morto Allende e tutto il resto. Sapevamo che sarebbe stato meglio non andare all’università, temevamo una retata. Dopo qualche giorno la polizia comunica alla cittadinanza che non c’è alcun rischio a riprendere la vita normale. Noi ci credemmo. Ovviamente era una trappola. Io sono salva grazie a degli sconosciuti. E se c’è una cosa di cui sono sicura nella mia vita, è che non dimenticherò mai le loro facce e i loro nomi. Siamo rimasti in contatto dopo tutti questi anni. Li ho invitati a venire a trovarmi in Italia, ma il volo costa molto. Però chissà, forse in futuro.
“Io sono qui da molti anni, ormai. Sì, certo che mi sento italiana. Questo paese mi ha salvata. Letteralmente. Qui ho trovato l’amore. Ho un marito e un figlio. Faccio l’insegnante di yoga. E mi hanno ricostruito questa mascella malandata. Ci sono voluti molti interventi, ma adesso quasi non si nota.
“Comunque, la cosa importante è che finalmente sono riuscita a fare pace con questa storia. A perdonare i golpisti. A metterci una pietra sopra. È successo quest’estate, in modo del tutto inaspettato. A Expo. Avevo appena superato la coda all’ingresso. Ero sul ponte e ho visto un soldato. Era giovane, poteva essere mio figlio. Non so cosa mi è preso, ma mi sono avvicinata e gli ho raccontato tutta la storia, dall’inizio alla fine. Gli ho vomitato addosso un fiume di parole, non riuscivo a fermarmi. E mentre parlavo, piangevo. E più piangevo, più parlavo. Una cosa incredibile. E poi gli ho detto che non volevo più avere paura dei militari. Che volevo liberarmi di quel terrore. E che li perdonavo. Tutti. Tutti quelli che hanno ucciso, stuprato, torturato e fatto scomparire persone innocenti. E gli ho detto che per perdonarli avrei dovuto abbracciare lui, anche se lui, poverino, ovviamente non c’entrava niente: abbracciando lui io avrei abbracciato tutti i militari che si erano macchiati di quei crimini. E così è stato. L’ho abbracciato. E ho perdonato chi mi ha fatto questo. Ora sono in pace.”
Grazie a G.V. per avermi raccontato questa storia